nov 1, 1943 - Conferenza di Tokyo
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La conferenza riunì nella capitale nipponica i capi di governo e i rappresentati dell'Impero giapponese e dei suoi principali alleati e collaboratori in Asia, membri della cosiddetta "sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale".
Governi delle Filippine, della Birmania, del Manciukuò, della Thailandia e di Nanchino.
Lungi da produrre decisioni dall'immediato effetto pratico, la conferenza fu più che altro un'occasione di propaganda, al fine di convincere i popoli asiatici che il Giappone era portatore di un ruolo di "liberatore" dall'oppressione del colonialismo occidentale in Asia e aumentare quindi il sostegno allo sforzo bellico nipponico nei confronti delle rinnovate controffensive degli Alleati sul fronte del Pacifico[1]; la maggior parte dei delegati presenti alla conferenza erano espressione di governi collaborazionisti asiatici la cui "indipendenza" era stata proclamata dagli stessi giapponesi.
I progetti rimasero ad uno Stato embrionale e spesso furono disattesi dai giapponesi che si comportarono esattamente come le potenze coloniali che avevano scalzato, provocando risentimenti e disillusioni nei movimenti nazionalisti indigeni che li avevano visti come garanzia di autonomia e indipendenza: il risultato fu l'intensificazione delle guerriglie e la perdita di credibilità dei governi instaurati dal Giappone.
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