Il sacco di Roma del 410, compiuto dai visigoti guidati da Alarico, fu uno degli eventi più traumatici della storia antica. Durò ben tre giorni (dal 24 al 27 agosto), in cui gli invasori depredarono luoghi pubblici e svariate case private (specie dei più abbienti). La furia dei barbari si abbatté sui cittadini romani increduli, violenze che si erano viste soltanto al Colosseo furono compiute su donne e anziani. La stessa augusta Galla Placidia venne presa in ostaggio da Alarico. Roma, però, incuteva rispetto agli invasori e nei tre giorni di saccheggio Alarico impartì l'ordine di risparmiare le sedi del culto cristiano (soprattutto la basilica di San Pietro), che considerò come luoghi di asilo inviolabili dove non poteva essere ucciso nessuno. L'evento ebbe un'immediata risonanza in tutto l'Impero, sconvolgendolo moralmente. Agostino d'Ippona (nel De civitate Dei) lo vide, ad esempio, come segno della prossima fine del mondo o della punizione che Dio infliggeva alla capitale del paganesimo. I Visigoti lasciarono la città, ma il mito dell'inviolabilità di Roma era crollato (era dal sacco di Brenno, avvenuto 800 anni prima, che era rimasta inespugnata). Da quel momento la città sarà più volte saccheggiata, ricordiamo in particolare il sacco compiuto dai Vandali nel 455.