L'editto di Tessalonìca venne promulgato il 27 febbraio 380 dagli imperatori Graziano, Teodosio I e Valentiniano II (quest'ultimo all'epoca aveva solo nove anni). Il decreto dichiara il cristianesimo secondo i canoni del credo niceno la religione ufficiale dell'impero, proibisce in primo luogo l'arianesimo e secondariamente anche i culti pagani. Per combattere l'eresia si esige da tutti i cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea. Nel 391-392, nuovi decreti ("Decreti teodosiani") inasprirono le proibizioni verso i culti pagani e i loro aderenti, dando il via a una vera e propria persecuzione del Paganesimo. Furono distrutti molti templi e vennero avallati atti di violenza contro il paganesimo. L'editto di Tessalonica è ritenuto importante dagli storici in quanto diede inizio a un processo in base al quale «per la prima volta una verità dottrinale veniva imposta come legge dello Stato e, di conseguenza, la dissidenza religiosa si trasformava giuridicamente in crimen publicum: ora gli eretici potevano e dovevano essere perseguitati come pericolo pubblico e nemici dello Stato»[5]. È altresì da precisare che durante tutto l'Impero romano e anche durante l'Esarcato d'Italia (che ebbe vita fino al 752) la Chiesa non ebbe ancora il potere civile né quello giudiziario, che rimase monopolio dello Stato.