1 oct. 1301 - Ambasciatore presso papa Bonifacio VIII
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Firenze attraversa un momento particolarmente difficile, in preda a furiose lotte intestine tra fazioni contrapposte, in particolare tra due fazioni guelfe: i Bianchi, capeggiati dalla famiglia dei Cerchi, e i Neri, seguaci dei Donati e fautori degli interessi e dei disegni del papato. La politica di Bonifacio VIII, tendente a estendere su tutta la Toscana il dominio della Chiesa, trova una ferma opposizione nel rigore morale e nell'imparzialità di Dante che, fra l'altro, non esita ad approvare il provvedimento di espulsione da Firenze dei capi delle due fazioni, e fra questi del suo migliore amico Guido Cavalcanti. Ma le manovre politiche del papa, tra minacce e false promesse di pacificazione, portano alla vittoria dei Neri. E la strategia prosegue attirando il poeta in una trappola "letale". Dopo aver mandato Carlo di Valois, fratello di Filippo IV re di Francia, a prendere il controllo del Comune, fa in modo che Dante sia inviato come ambasciatore a Roma per discutere la pace e qui trattenuto oltre il dovuto con l'inganno.
In questo frattempo, Carlo di Valois approfitta dei disordini cittadini per rovesciare il governo "bianco" di Firenze, nominando Podestà il fedele condottiero Cante Gabrielli. Il nuovo Podestà, alleato con i Neri, inizia un'azione persecutoria nei confronti dello scrittore che, oltre a vedersi saccheggiata la casa, finisce sul banco degli imputati con accuse infamanti, tra cui l'estorsione e la baratteria. Quest'ultimo reato (affrontato nei canti XXI e XXII dell'Inferno), assimilabile al moderno peculato, era utilizzato spesso come pretesto per far fuori i propri avversari.
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